Come analisi grammaticale – Cerchi « come analisi grammaticale »? Oggi vediamo insieme l ‘analisi grammaticale di « come » perchè non del tutto semplice, quindi proviamo ad analizzarla insieme. Come: è una parola invariabile, quindi si può definire avverbio o congiunzione, dipende dal contesto.
Che avverbio è come?
Distinguere gli avverbi dalle altre parti del discorso –
Gli accompagnano sempre un e concordano con quello in genere e numero, gli avverbi no. Quindi, nella frase « Ho molta fame », la parola « molta » è un aggettivo (perché riferita al sostantivo « fame » e perché c’è una concordanza), mentre nella frase « Ho studiato molto », « molto » è un avverbio (si riferisce a un verbo). Le collegano sempre due elementi, mentre gli avverbi si riferiscono a uno solo. Nella frase « Faremo come vuoi », la parola « come » è una congiunzione perché unisce le frasi » faremo » e » vuoi ». Nella frase « Come è buffo questo ritratto! », la parola « come » non collega due elementi: infatti, è un avverbio esclamativo. Le introducono sempre un sostantivo o un pronome (formando un complemento linguistico) oppure una, Per esempio, in « Sopra l’armadio c’è una scatola », la parola « sopra » è una preposizione, perché introduce « l’armadio ». Invece, in « Guarda l’armadio: sopra c’è una scatola », la parola « sopra » non introduce alcun termine, pertanto è un avverbio. Le particelle « ci », « vi » e « ne » possono essere o o avverbi di luogo. Quando indicano uno stato o un moto da luogo, sono avverbi (« Ci sono venti regioni in Italia », « Aprì la scatola e ne uscì solo polvere »); negli altri casi, sono pronomi (« Vi dirò i nostri propositi più tardi », « Arrivò la carestia e molte persone ne morirono »).
Come è un avverbio o congiunzione?
Esempio di avverbio Come sta la nonna? In questo caso il termine ‘come’ si trova in una frase interrogativa diretta. È quindi un avverbio. Perché l’hai detto!
Che congiunzione è come?
Le congiunzioni coordinanti e subordinanti La congiunzione: una definizione Cosa intendiamo quando parliamo di congiunzione ? Le congiunzioni (dal verbo latino coniungere, « unire, collegare, congiungere ») sono quelle parti invariabili del discorso con cui colleghiamo due o più parole di una frase o due proposizioni tra loro.
Oltre a questi due gruppi, inseriamo tra le congiunzioni anche le locuzioni congiuntive, che sono composte da più parole distinte tra di loro: visto che, appena che, dopo che, con tutto ciò, per la qual cosa, anche se, dal momento che, in modo da, ecc.La funzione di una congiunzione può essere coordinante oppure subordinante ; il loro uso, quindi, coinvolge non solo l’analisi grammaticale, ma anche quella logica e del periodo. Cosa vuol dire congiunzione coordinante? Una congiunzione è coordinante quando unisce due frasi o parti di frasi che sono equivalenti e che, dal punto di vista logico, sono collocabili sullo stesso piano. Negli esempi:
Andrea e Marco hanno fatto merenda con me;oppure: C’era vento, ma sono andata al mare. la congiunzione « e » lega tra di loro due nomi propri di persona (che svolgono la funzione di soggetti) o, nel secondo caso, due proposizioni distinte tra loro ma indipendenti l’una dall’altra.
- Le congiunzioni coordinanti si distinguono a loro volta in alcuni gruppi, in base alla funzione logica che svolgono.
- Congiunzioni copulative ( positive o negative ): collegano due elementi che dal punto divista logico sono simili tra loro; tra di esse troviamo: e, né, anche, pure, inoltre, ancora, perfino, neanche, neppure, nemmeno, ecc.
Ad esempio: Andrea e Marco mi hanno chiamata ieri; non ho caldo né freddo. – Congiunzioni disgiuntive : mettono in alternativa un elemento della frase con un altro, come: o, ovvero, ossia, oppure, altrimenti, ecc. Ad esempio: Preferisci la pasta o la carne?; Andiamo al mare oppure in montagna.
Congiunzioni avversative : indicano un opposizione logica tra i due elementi che collegano, come nel caso di: ma, tuttavia, però, al contrario, per altro, ciò nonostante, pure, eppure, anzi, bensì, piuttosto, invece, nonostante, ecc. Ad esempio: Volevo andare al cinema però non avevo soldi; Ha chiamato Sara ma tu non c’eri.
– Congiunzioni conclusive : introducono una conclusione all’interno di un ragionamento (e quindi si trovano spesso tra due proposizioni), come: dunque, perciò, quindi, inoltre, insomma, pertanto, allora, per cui, ecc. Ad esempio: Non ho fatto i compiti, quindi i miei genitorimi hanno sgridato; Ho mangiato troppo gelato, perciò ho il mal di pancia.
- Congiunzioni dichiarative / esplicative : indicano una spiegazione successiva a una affermazione appena precedente, che viene così sviluppata e ampliata; sono: infatti, difatti, in effetti, effettivamente, in realtà, ossia, ovvero, vale a dire, ecc.
- Ad esempio: Sto sudando, infatti ci sono trentacinque gradi: Mario è un ammiraglio, vale a dire il capo della nave.
– Congiunzioni correlative : mettono in corrispondenza due elementi della frase, stabilendo un parallelismo: e.e, o.o, sia.sia, né.né, ora.ora, non solo.ma anche, tanto.quanto, tale.quale, ecc. Ad esempio: Non mangio né la frutta, né la verdura; Non solo Gianni ha mentito, ma ha anche cercato di truffare tutti noi.
Cos’è la congiunzione subordinativa? Una congiunzione è subordinante quando collega due frasi collocandole su piani logici diversi tra loro, e quindi creando un rapporto di dipendenza, Ad esempio, nella frase: « non sono venuto alla tua festa perché ero malato », il della proposizione subordinata « ero malato » dipende dalla frase principale « non sono venuto », mentre « perché » svolge il ruolo di una congiunzione causale.
Anche queste congiunzioni si distinguono in diversi gruppi: – Congiunzioni causali : introducono la causa o la motivazione di ciò che viene detto nella frase reggente, come: perché, poiché, siccome, giacché, in quanto che, dato che, ecc. Ad esempio: Mi sono svegliato perché ho fatto un incubo; oppure: Andiamo a trovare la zia, visto che è malata.
- Congiunzioni finali : indicano lo scopo di un’azione espressa dalla principale, ad esempio: perché, affinché, tanto che, cosicché, ecc.
- Ad esempio: Ha corso molto veloce, tanto che ha vinto la gara;oppure: Studierò velocemente poiché voglio andare in piscina.
- Congiunzioni temporali : danno un’indicazione di tempo, come: quando, finché, fin quando, ogni qual volta, ogni volta che, da che, da quando, dopo che, prima che, intanto che, ecc.
Ad esempio: Ho aspettato finché Clara è uscita; Matteo è depresso da che ha perso il lavoro. – Congiunzioni concessive : introducono le subordiante concessive esplicite, e sono: sebbene, anche se, nonostante, benché, anche quando, qualora, ecc. Ad esempio: Ha fatto finta di niente sebbene sapesse la verità; Ha indossato il maglione anche se faceva caldo.
Congiunzioni dichiarative : quando introducono una spiegazione rispetto a una dichiarazione della frase precedente, come: che, vale a dire, come, cioé, ecc. Ad esempio: Valeria è partita per la tangente, vale a dire non smette più di parlare; Questo mi dispiace, cioè la cattiva influenza di Paolo su Luca ».
– Congiunzioni condizionali : fungono da introduzione a una subordinata condizionale esplicita, e sono: se, qualora, purché, a patto che, ecc. Sarei andata via se tu non me lo avessi impedito; oppure:Te lo presto purché me lo riporti. – Congiunzioni modali : indicano il modo in cui l’azione viene svolta o compiuta, e sono: come se, come, nel modo che, ecc.
- Ad esempio: Ha parlato come se non gli importasse nulla.
- Si è comportato nel modo che gli avevo consigliato.
- Congiunzioni avversative : legano due frasi che sono in opposizione logica tra loro.
- Sono: mentre, ma, quando, ecc.
- Ad esempio: Sono andata al cinema mentre Anna è andata a fare la spesa; Non sono arrabbiato ma sono triste.
– Congiunzioni limitative : indicano una limitazione rispetto a ciò che viene detto nella principale, come: senza che, fuorché, tranne che, eccetto che, per quello che, a meno che, ecc. Ad esempio: Mi piacciono tutti i libri tranne che quelli di matematica; Giovanni è guarito, per quello che ne sappiamo.
Congiunzioni comparative : introducono un secondo termine di paragone rispetto a ciò che viene detto nella principale, come: come, così.come, che, di quanto, ecc. Ad esempio: Michele preferisce bere un caffé che una camomilla;Il film era molto più bello di quanto dicesse Lucia. – Congiunzioni relative : introducono le subordinate relative esplicite ed implicite.
Sono: che, il quale, la quale, i cui, che, chi, ecc. Ad esempio: Oggi sono andata da Paolo, il quale si è trasferito in un attico; Matteo ha fatto un regalo alle sue amiche, che erano felicissime. : Le congiunzioni coordinanti e subordinanti
Come è composta l’analisi grammaticale?
Sintesi In questo appunto si descrive l’analisi grammaticale. L’analisi grammaticale è molto importante nell’ambito della grammatica italiana ed è composta da vari elementi fondamentali per capire il senso delle frasi: il verbo, le congiunzioni, i sostantivi, gli avverbi, gli articoli, ecc.
Come può essere l’avverbio?
Avverbi : esempi Di modo o maniera: precisano il modo con cui avviene un’azione. Avverbi di tempo: precisano il momento in cui avviene l’azione. Avverbi di luogo: precisano dove si svolge l’azione. Avverbi di quantità: esprimono una misura in maniera approssimativa.
Come spiegare l’avverbio?
AVVERBI L’ avverbio è una parte invariabile del discorso, la cui funzione è determinare il significato di un verbo ( dorme saporitamente ), un aggettivo ( molto buono ) o un altro avverbio ( troppo duramente ). A seconda della funzione che svolgono, gli avverbi si suddividono in diverse categorie. Nella categoria degli avverbi di luogo rientrano ci e vi (nel significato di ‘in questo luogo’, ‘in quel luogo’, ‘in ciò’) e ne (nel significato di ‘da quel luogo’, ‘da ciò’) ci vengo ne sono uscito Alcuni avverbi sono aggettivi che hanno assunto anche una funzione avverbiale Viaggia sicuro : allaccia le cinture Corre forte, non c’è che dire Finalmente hai risposto giusto Siamo andati ad abitare lontano Come gli aggettivi ➔ qualificativi, anche la maggior parte degli avverbi ha un grado comparativo e uno superlativo spesso ▶ più spesso, spessissimo bene ▶ meglio, ottimamente Solo pochi avverbi, invece, presentano forme soggette ad ➔ alterazione bene ▶ benino, benone male ▶ maluccio, malaccio poco ▶ pochino, pochetto, pochettino Una funzione analoga a quella degli avverbi è svolta dalle locuzioni ➔ avverbiali All’improvviso (= improvvisamente) il cane è venuto fuori dalla cuccia.
Quando come avverbio?
– 1. avv.a. Ha la funzione di domandare, in frasi interrogative, in quale tempo o momento si determinerà, si è determinato o si determina, un fatto, una situazione o un’azione.
Come in analisi grammaticale Treccani?
cóme in Vocabolario come cóme avv. e cong. (radd. sint.). – Può essere apostrofato davanti a vocale, spec. davanti a e : com’egli volle ; com’eravamo d’accordo ; nell’uso antico poteva subire il troncamento, spec. davanti a più ( com più ). Nella pronuncia, produce il rafforzamento sintattico della consonante scempia iniziale della parola seguente: come te 〈 kóme tté 〉, come pure 〈 kóme ppùre 〉, come tutti 〈 kóme ttùtti 〉 (da cui le grafie comecché, comecchessia ), ma il rafforzamento è generalm.
- Poco applicato con parole che non siano i pronomi o altre parole grammaticali, soprattutto quando non siano accentate sulla prima sillaba (non produceva mai rafforzamento l’antica variante como ).1. Avv.
- Di maniera.a.
- Introduce per lo più un termine di comparazione o una proposizione modale col senso di «in quel modo che», esprimendo ora un rapporto di somiglianza ora un rapporto di identità: è forte come un toro ; mangia come un lupo ; si vogliono bene come fratelli ; sei anche tu ottimista come me (se il secondo termine di paragone è un pron.
personale, questo viene usato nella forma tonica o forte: come me, come te, come lui, come lei, come loro, e non nella forma del soggetto come io, ecc.); mugghia come fa mar per tempesta (Dante); tutto si è svolto come io avevo previsto, Nell’uso fam.: com’è vero il sole, com’è vero Dio, per affermare una verità indiscutibile, o con forza di giuramento: me la pagherà, come è vero Iddio! b.
- Con altri sign.: è come «è lo stesso che»: aver dimenticato è come non sapere ; è come lasciar andare un pugno a un cristiano (Manzoni); e accennando a cose assurde o impossibili: è come voler cavare acqua dal muro ; di come «di quello che»: è peggio di come credevo ; preceduto dalle prep.
- A, da, secondo significa «il modo, la maniera, in cui»: stando a come si son messe le cose ; dipende da come la intenderà ; da come lo racconta, sembra vero ; bisogna dirigersi secondo come soffia il vento,c.
«In qualità di»: parlo come rappresentante del mio partito ; ho spedito la bicicletta come bagaglio appresso,d. Con sign. di «quasi, quasi che»: rispettalo come fosse tuo padre ; tremava come se avesse la febbre ; fu scacciato come un cane (cioè: quasi fosse un cane, come si caccerebbe un cane); e con senso sim.: alzò le spalle, come dire (o come a dire, come per dire ) che non gl’importava affatto,
- Frequente, nell’uso colloquiale, l’espressione come niente fosse (meno com.
- Come se fosse niente ), quasi che fosse cosa da poco, e quindi senza dare importanza alla cosa, o con grande facilità: mi urtò malamente facendomi quasi cadere e, come niente fosse, proseguì la sua strada ; inghiottì quel mezzo bicchiere di grappa come niente fosse ; anche il semplice come niente, con quest’ultimo sign.
per indicare facilità che qualche cosa capiti: tu cammini, e come niente ti piovono addosso sassi,e. Spesso è correlativo di così (meno bene di tanto, tale ), sia per stabilire una relazione di uguaglianza: continua così come hai sempre fatto ; mi piace così com’è ; la tua vita sia tale come io te l’auguro ; sia come semplice congiunzione correlativa: così gli uni come gli altri ; sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra,f.
Sono usi enfatici: io come io (per conto mio, per ciò che mi riguarda), ora come ora, oggi come oggi (in questo preciso momento, oggi proprio), per determinare con più forza la persona o il tempo: io come io non lo sposerei ; ora come ora non saprei risponderti ; oggi come oggi non è facile far previsioni,
Appartengono al linguaggio fam. le frasi come Dio vuole, alla meglio (o alla peggio), come Dio comanda, come si deve, cioè nel modo migliore e più giusto, in piena regola, e come vien viene, come càpita, parlando di un lavoro abborracciato e sim.: Come vanno i tuoi affari? – Come Dio vuole ; ecco finalmente un lavoro fatto come Dio comanda (anche: compòrtati come Dio comanda, e non fare il maleducato! ); è una lettera scritta proprio come vien viene,g.
In matematica, nella lettura delle proporzioni, equivale a «eguale»: a : b = c : d si legge « a sta a b come c sta a d ».2. Avv. interrogativo. Significa «in qual modo?» ed è usato in proposizioni dirette o indirette: come ti chiami? ; come sta tuo padre? ; come fai a sopportarlo? ; come si permette di parlarmi in questo modo? ; voglio vedere come se la caverà, ora ; non so come ringraziarvi ; si rafforza spesso con mai : come mai l’avrà saputo? ; non capisco come mai tardi tanto,
In particolare: com’è che, ?, come va che, ?, per qual ragione? ( com’è che non ti fai più vivo? ); come dite?, come avete detto?, domanda di chi non ha compreso, e anche formula per esprimere meraviglia, incredulità; come sarebbe a dire?, in repliche risentite ( come sarebbe a dire « io non c’entro » ? ); senza dire né come né quando, senza dare spiegazioni; fam., com’è come non è, improvvisamente, tutt’a un tratto ( me n’andavo per i fatti miei quando, com’è come non è, sento un tale che mi chiama ).
In frasi interrogative, e più in esclamazioni, significa talora «quanto»: sai come mi dispiace ; come sei cresciuto! ; come mi sento bene ora! ; come sei buono! ; com’è bello! Con tono esclamativo: e come!, altro che!, purtroppo! e sim. (v. eccome ); interrogativo-esclamativo: ma come?!, per esprimere meraviglia o sdegno.3.
Cong. temporale. Significa «appena che, quando»: come gli capitò fra le mani, gliene diede di santa ragione ; Sì tosto come il vento a noi li piega, Mossi la voce (Dante); fam., come Dio volle, finalmente: come Dio volle, smise di piovere ; con senso di «a mano a mano che»: come crescevano le sue ricchezze, ( così ) cresceva la sua superbia,
- Di uso letter.
- E poet., come prima, non appena, appena che (calco del lat.
- Ut primum ): come prima il tetto Rosseggerà del villanello industre, Al mattutino canto Quel desterà le valli (Leopardi).4. Cong.
- Dichiarativa, col valore di che : mi disse come era dovuto salire a piedi fin lassù ; gli dichiarò come non avesse più un soldo in tasca ; nell’uso pop.
rafforzato qualche volta da qualmente : mi raccontò come qualmente suo figlio s’era unito alle brigate partigiane,5. Come s.m., il come, il modo, la maniera, il mezzo: lo farei, ma non so il come ; spec. in unione con altri avverbî sostantivati: Ma quella ond’io aspetto il come e ‘l quando Del dire e del tacer, si sta (Dante); chi domanda il nome dell’ospite sconosciuta, e il come e il perché (Manzoni); il che e il come, tutti i particolari, i modi, le ragioni: si fece raccontare il che e il come della faccenda,
Come avverbio di paragone?
Il complemento di paragone Sono molto più alto di Gianni. → più di chi? complemento di paragone. Il complemento di paragone indica il secondo termine in un confronto: è il secondo termine di paragone. Il complemento di paragone presenta queste caratteristiche: ●è introdotto dalla preposizione di o dalla congiunzione che quando siamo in presenza di un comparativo di maggioranza o minoranza; della congiunzione « come »o dell’avverbio « quanto » ( o tanto.
- Quanto) quando siamo in presenza di un comparativo di uguaglianza.
- Risponde alle domande « più \ meno di chi? di che cosa? », « quanto \ come chi? come che cosa? – Giovanni è più simpatico di Bruno.
- Lucia è bella quanto Mara.
- Paragone oppure.? Ricorda che il complemento di paragone dipende da un complemento, non da un superlativo relativo.
– Sono più forte di tutti voi: complemento di paragone. – Sono il più forte di tutti: complemento partitivo.
Che come aggettivo?
Il che con funzione di aggettivo può essere di due tipologie: interrogativo o esclamativo. Se il che ha valore di aggettivo interrogativo, si trova all’inizio di una frase interrogativa, ha il significato di ‘quale/quali’ e viene seguito da un nome.
Che come pronome indefinito?
Quando il che è pronome indefinito? – Il pronome indefinito indica invece qualcosa di indeterminato e può essere usato in frasi come Un non so che: « Ha un non so che negli occhi da far paura » oppure « C’è un che di buono in lui ».
Come congiunzione dichiarativa?
Dichiarative: introducono una proposizione subordinata che ‘dichiara’, cioè esprime il significato della principale. Appartengono a questa categoria le congiunzioni come o che : (Esempio: Credo che tu abbia ragione);
Qual’è il pronome personale?
Gli usi e le funzioni dei pronomi personali I pronomi personali soggetto e complemento svolgono una funzione molto importante nella frase: essi infatti indicano le persone, cose, animali o entità astratte che entrano in ciò che vogliamo comunicare. In tal senso, i pronomi indicano la funzione logica che persone, animali o cose svolgono nella frase come soggetti dell’azione espressa dal verbo oppure come complementi del predicato stesso.
Pronomi personali soggetto | Pronomi personali complemento | |
Prima persona singolare | io | Forma tonica: me Forma atona: mi |
Seconda persona singolare | tu | Forma tonica: te Forma atona: ti |
Terza persona singolare | Maschile: egli, lui, esso Femminile: ella, lei, essa | Forma tonica: lui, sé, ciò (masch.); lei, sé (femm.) Forma atona: lo, gli, ne, si (masch.); la, le, ne, si (femm.) |
Prima persona plurale | noi | Forma tonica: noi Forma atona: ci |
Seconda persona plurale | voi | Forma tonica: voi Forma atona: vi |
Terza persona plurale | Maschile: essi, loro Femminile: esse, loro | Forma tonica: essi, loro, sé (masch.); esse, loro, sé (femm.) Forma atona: li, ne, si (masch.); le, ne, si (femm.) |
Una categoria particolare è quella dei pronomi riflessivi mi, ti, ci, si, vi, sé, La differenza tra i pronomi soggetto e complemento Il pronome personale soggetto Il pronome personale soggetto è quello che usiamo per indicare chi parla (pronome di prima persona singolare o plurale: io/noi), chi ascolta (pronome di seconda persona singolare o plurale: tu/voi) o ciò di cui si parla (pronomi di terza persona singolare o plurale: egli/lui/esso, ella/lei/essa, noi, voi, essi/loro, esse/loro ).
Notiamo che i pronomi della prima e della seconda persona, sia singolare che plurale, sono invariabili, mentre la terza persona singolare e plurale ha forme diverse al maschile e al femminile, Egli ed ella sono utilizzati in riferimento a persona, esso ed essa in riferimento a cose, animali ed entità astratte.
Particolarità dei pronomi personali soggetto Nella lingua italiana, il soggetto non deve essere necessariamente espresso ; nella maggior parte dei casi, infatti, la desinenza del verbo ci permette di capire facilmente chi sta parlando. Così, si può dire sia » io ho caldo » che semplicemente « ho caldo » senza pregiudicare la comunicazione; il soggetto va invece espresso esplicitamente in alcuni casi specifici : – Quando la forma del verbo è identica per più persone, e non permette quindi di « decifrare » quale sia il soggetto sottointeso (come nel caso del congiuntivo presente : « Credi che io dica il falso? » che è ben diverso da « Credi che lui dica il falso? »); – Quando si vuol dare una particolare enfasi al soggetto della frase: « Questo l’ho fatto io ! »; – Quando i pronomi sono rafforzati con l’uso di stesso : » io stesso », » tu stesso »; – Quando il soggetto della frase è seguito da un verbo all’infinito (« Io, lodare una persona del genere è impossibile! »), da un aggettivo (« Tu, famoso per i tuoi studi ») o da una apposizione (« Egli, in qualità di medico, intervenne subito sul luogo dell’incidente »); In caso di elenchi di termini, in cui è importante distinguere bene i soggetti di ogni frase: » Io vado al mare, tu vai in montagna, Matteo si fermerà al lago ».
Se poi la norma grammaticale prevede per il soggetto di terza persona singolare solo l’uso di egli o ella, va detto che nell’uso comune (la comunicazione orale, i testi scritti non formali e così via) è accettato anche l’uso di lui e lei (ad esempio: » Lui mi ha detto che lei sarebbe uscita »), a volte esteso, con una connotazione affettiva, anche per animali (« Il mio gatto si chiama Luciano; lui è il mio migliore amico »).
Caso a parte è l’uso del pronome noi al posto del pronome di prima persona singolare nel cosiddetto plurale maiestatis (tipico dei discorsi ufficiali dei re o dei sovrani o dei testi poetici, come i Sepolcri di Foscolo, vv.145-146: » A noi | morte apparecchi riposato albergo »).
I pronomi personali complemento I pronomi personali complemento possono invece assolvere a più funzioni logiche: – Quella di complemento oggetto ( » Ti ascolto », » Lo chiamo immediatamente »); – Quella di complemento di termine ( » Vi manderò un pacco », » Gli ho chiesto cosa avesse fatto ieri »); – Quella di complemento indiretto, insieme con le relative preposizioni (« Sono andato al mare con lei « , « Ci siamo dimenticati di lui « , « Abbiamo cenato molto volentieri da loro « ).
I pronomi personali complemento si distinguono poi in forme forti (ovvero su cui cade un accento tonico: me, te, lui/lei/sé/ciò, noi, voi, essi/esse/loro/sé ) e forme deboli (ovvero sprovviste di accento tonico: mi, ti, lo / gli / ne / si, la / le / ne / si, ci, vi, li / ne / si, le / ne / si ), che sono anche dette particelle pronominali,
Le forme forti o toniche si usano: – Per dare un particolare risalto al pronome, quando esso svolge la funzione di complemento oggetto (« La giuria ha scelto me tra tutti i candidati »); – In combinazione con le preposizioni per dare luogo ai complementi indiretti (« Ci siamo recati da lui per parlare con loro « , « Hanno spedito questa lettera a me « , « Sono qui per noi « ).
Si ricorre invece alle forme atone o deboli 1 : – Quando il pronome non è preceduto da preposizione; – Quando non c’è necessità di sottolineare o enfatizzare il ruolo del pronome come complemento oggetto o complemento di termine. Particolarità dei pronomi personali complemento Ci sono alcune particolarità dei pronomi personali complemento da tenere in considerazione per non sbagliare : – I pronomi complemento di terza persona singolare lui, lei, loro possono svolgere la funzione di complemento diretto o indiretto solo in riferimento a una persona diversa dal soggetto della frase; se invece c’è identità di soggetto, si usa il pronome sé : Paolo ha incontrato Giovanni e ha spiegato a lui il problema (cioè, a Giovanni); Giovanni riflette tra sé sul da farsi (cioè, con se stesso).
– Il pronome ne è una forma atona di terza persona, che può svolgere il ruolo di complemento indiretto (ad esempio, complemento di specificazione, complemento di argomento, complemento di moto da luogo figurato ): Dopo quella vacanza a Londra, Giacomo ne parla sempre; Ho visto quel film e ne ho ricevuto una pessima impressione.
I pronomi atoni mi, ti, si, gli, ci, vi possono combinarsi con gli altri pronomi lo, la, li, le, ne ed essere collocati prima del verbo ( » Te lo spiegherò domani! ») oppure dopo il verbo (« Portate gliene un po’! ») se questo è cotituito da un infinito, un gerundio o un imperativo,
Non bisogna confondere gli e le come complementi di termine: la prima forma è maschile (« Finalmente ho visto Matteo e gli ho parlato »), mentre la seconda è femminile (« Finalmente ho visto Laura e le ho parlato » ») I pronomi personali riflessivi C’è poi una terza categoria di pronomi personali: i riflessivi,
I pronomi personali riflessivi si usano con quella categoria di verbi, né attivi né passivi, in cui l’azione espressa dal predicato si riflette sul soggetto stesso che ha compiuto l’azione (« Gianni si lava »). I pronomi riflessivi sono: – Per la prima e seconda persona singolare e plurale : mi, ti, ci, vi (corrispondenti cioè alle forme atone dei pronomi complemento); – Per la terza persona singolare e plurale : si,
Quando il che è un pronome relativo?
Il pronome relativo: cos’è e come si usa Pronomi relativi variabili ed invariabili I pronomi relativi hanno la funzione di mettere in relazione tra di loro le frase, collegando una proposizione reggente con una subordinata ; il pronome cioè sostituisce nella frase relativa un sostantivo (o un altro pronome o un’intera frase) presente nel periodo reggente, ricoprendo anche una specifica funzione logica,
Pronomi relativi invariabili | Pronomi relativi variabili | |
Soggetto | Che 2 | Il quale, la quale, i quali, le quali |
Complemento | Cui | Del quale, al quale, per il quale ecc. ecc. |
Le caratteristiche dei pronomi relativi – Che : è un pronome invariabile per genere e numero, e può svolgere, riferendosi a persona, cosa o animale, la funzione di soggetto o di complemento oggetto 3 : Soggetto: La ragazza che ha portato le lasagne è Manuela.
Complemento oggetto: La persona che ti presento è la nuova responsabile. – Cui : è un pronome invariabile che serve per diversi complementi indiretti (tra cui il complemento di specificazione, il complemento di termine, il complemento di causa e i complementi di luogo 4, e così via) all’interno delle subordinate; è quindi sempre introdotto da una preposizione semplice o articolata,
Ad esempio: Complemento di specificazione: Andrea, ti presento la ragazza di cui ti ho parlato. Complemento di termine 5 : La persona a cui ho consegnato i documenti è il segretario. Complemento di causa: Il motivo per cui ho preso questa decisione è il seguente.
Complemento di compagnia: Quello è il professore con cui ho discusso la tesi. – Il quale : insieme alle altre forme ( la quale, i quali, le quali ) è un pronome variabile e può venir usato come soggetto o come complemento oggetto, concordando in genere e numero con il termine cui si riferisce. In tal senso, questo pronome variabile è utile in tutti i casi in cui utilizzare che o cui potrebbe generare dei dubbi su ciò che stiamo dicendo.
Si veda la differenza: Il fratello di Sonia, che abita accanto a casa mia, ha comprato una nuova motocicletta. Il fratello di Sonia, il quale abita accanto a casa mia, ha comprato una nuova motocicletta. La sorella di Massimo, di cui ti ho parlato ieri, partirà per gli Stati Uniti.
La sorella di Massimo, della quale ti ho parlato ieri, partirà per gli Stati Uniti. I pronomi relativi misti Una categoria particolare dei pronomi relativi sono i cosiddetti pronomi misti o doppi, ovvero quelli formati da due pronomi differenti uniti in un’unica parola; i pronomi misti sono generati dall’unione di: – Un pronome dimostrativo e un pronome relativo,
– Un pronome indefinito e un pronome relativo, I pronomi relativi misti sono: – Chi : pronome invariabile che corrisponde a un pronome dimostrativo (« colui », « colei » ecc.) e un pronome relativo (« che »): Chi ti ha comprato quegli orecchini, non ha nessun gusto.
- Chiunque : pronome invariabile che nasce dall’unone di un pronome indefinito e di un pronome relativo; significa « qualunque persona che »: Chiunque abbia parlato così bene avrà il mio voto.
- Quanto : pronome invariabile, equivalente a « ciò che », che corrisponde a un pronome dimostrativo e un pronome relativo: Quanto dici è giusto.
– Quanti, quante : equivale a « tutti quelli che », « tutte quelle che » ed è foramto da un proneme dimostrativo e da un pronome relativo: Parteciperanno alla lotteria quanti si iscriveranno.
Che cosa sono le preposizioni articolate?
Si dicono p. articolate le parole risultanti dalla fusione di una preposizione semplice (a, da, di, in, su) con le forme dell’articolo determinativo : al, allo, alla, ai, agli, alle; dal, dallo, ecc.; del, dello, ecc.; nel, nello, ecc.
Come avverbio di?
Gli avverbi e le locuzioni avverbiali Cos’è l’avverbio? Una parte del discorso di importanza fondamentale (anche se spesso sottovalutata) è l’ avverbio, L’avverbio è una parte invariabile del discorso (come e ) con cui specifichiamo, determiniamo o modifichiamo il significato di una frase (in relazione al suo, ad un, ad un o anche all’intera frase).
Oltre a questi ci sono anche le locuzioni avverbiali, cioè delle unità del discorso formati da due o più parole, disposte secondo una serie fissa: a poco a poco, passo passo, quasi quasi, a stento, di sicuro, a faccia a faccia, quasi quasi, di tanto in tanto, di bene in meglio, Categorie dell’avverbio Gli avverbi possono venire distinti in varie categorie in base al significato della frase a cui appartengono. Abbiamo così:- Avverbi qualificativi o di modo : specificano la modalità con cui di un’azione, o aggiungono una sfumatura al significato del, come ad esempio: bene, male, volentieri, lentamente, piano, forte, ecc. Ad esempio:
Laura ha cantato bene ; Vedo Davide volentieri, – Avverbi di tempo : determinano il tempo impiegato per svolgere un’azione, o collocano in una sequenza temporale (anteriorità, contemporaneità, posteriorità) ciò di cui parliamo: prima, dopo, ancora, subito, ecc.
- Per esempio: Vado a correre prima di andare al lavoro; Quando ho avuto bisogno, l’idraulico è arrivato subito,
- Avverbi di luogo : quando collocano un’azione o un oggetto in un determinato spazio o in relazione a ciò di cui si parla: su, giù, lì, sopra, sotto, dentro, fuori, ecc.
- Ad esempio: Ho lasciato lì il computer; Ti aspetto fuori,
– Avverbi di quantità : si riferiscono a una quantità (senza definirla con esattezza), come: troppo, poco, abbastanza, più, meno, ecc. Ad esempio: Ieri ho mangiato poco ; Mi sono abbastanza divertito. – Avverbi di giudizio / affermazione / negazione : quando trasmettono un atteggiamento o un giudizio: veramente, sicuramente, davvero, probabilmente, ecc.
- Ad esempio: Al concerto di divertiremo sicuramente ; Roberto Baggio era davvero un grande giocatore.
- Avverbi interrogativi/esclamativi : quando introducono una domanda o un’esclamazione: quando, come, dove, quanto, perché, ecc.
- Ad esempio: Quando posso avere l’appuntamento?; Come era bello ieri il tramonto! – Avverbi presentativi : in realtà è solo uno, ecco, e si utilizza per annunciare o indicare qualcosa; possiamo per esempio dire: Ecco che arriva Francesca; Ecco l’autobus.
: Gli avverbi e le locuzioni avverbiali
Quali sono gli avverbi di modo?
AVVERBI DI MODO – QUALI SONO E COME UTILIZZARLI Gli avverbi di modo sono avverbi che indicano come viene svolto qualcosa, ovvero in quale maniera. Si usano spesso. I più usati sono gli avverbi che terminano con il nesso -MENTE. Ecco quali sono, lentamente, velocemente, artisticamente, letteralmente, soavemente, amichevolmente, brutalmente, gentilmente, onestamente,
Poi ci sono gli avverbi più semplici, composti da una sola parola, bene, male, volentieri, Tra gli avverbi di modo in italiano ci sono anche quelli composti da aggettivi qualificativi che si comportano in modo strano. Ovvero, si presentano senza nome accanto. In questo modo, invece di fare gli aggettivi, svolgono l’azione di un avverbio e diventano avverbi di modo.
Essi sono chiaro, preciso, deciso, grosso, forte, sodo, Per capire se si tratta di un aggettivo o di un avverbio, basta vedere cosa c’è vicino. Se vicino c’è un nome, si tratta di un aggettivo qualificativo, se, invece, vicino c’è un verbo, allora si tratta di un avverbio.
- Ecco un esempio per fare chiarezza Ha lavorato sodo.
- In questo caso, Sodo è un avverbio di modo.
- Accanto c’è Ha lavorato, che è un verbo.
- Ho cucinato un uovo sodo.
- In questo caso, Sodo è un aggettivo.
- Accanto c’è Uovo, che è un nome.
- Di solito, queste espressioni si trovano quando si tratta di modi di dire, tipo Parlare chiaro, Andare forte,
Quindi, gli aggettivi che si comportano da avverbi si riconoscono molto facilmente. Avverbi di modo sono anche diverse parole che finiscono con il nesso -ONI. Spesso, basta il significato per capire che si tratta di un avverbio. Ecco qualche avverbio che potrai riconoscere subito, ginocchioni, carponi,
- Di solito, si trovano in locuzioni, aiutati da una preposizione semplice o articolata.
- Per esempio Si muoveva a carponi.
- Indica un bambino che cammina a gattoni, ovvero appoggiando le mani e le ginocchia a terra.
- Infine, ci sono locuzioni più complesse come faccia a faccia,
- Anche qui, si tratta di espressioni note, che si possono tranquillamente riconoscere come avverbi di modo.
Ricorda che questi, come gli altri avverbi, fanno parte delle parti invariabili del discorso, quindi non cambiano in presenza di nomi maschili o per via di altre variabili. Di solito, mantengono la formula al singolare maschile. Usa gli avverbi di modo nel modo giusto in italiano.
Come possono essere gli aggettivi?
In questo appunto di Grammatica Italiana vengono spiegati gli aggettivi, quella parte variabile del discorso, che si accompagna al nome e ne indica una qualità oppure lo determina in modo preciso. Gli aggettivi possono essere: qualificativi, possessivi, dimostrativi, indefiniti, interrogativi, esclamativi e numerali (cardinali, ordinali, moltiplicativi, distributivi, collettivi, frazionari).
Quando è avverbio o aggettivo?
Devi procedere in questo modo: per riconoscere quando un aggettivo qualificativo assume funzione di avverbio devi osservare il contesto in cui è collocato. Più precisamente: se l’ aggettivo qualificativo è riferito a un verbo, allora funziona da avverbio ed è invariabile.
Quanti sono i tipi di avverbi?
Nella lingua italiana gli avverbi e le locuzioni avverbiali sono classificati in otto categorie princiali.
Quanto è un avverbio?
I principali avverbi di quantità della lingua italiana sono: abbastanza, affatto, alquanto, altrettanto, appena, assai, meno, molto, parecchio, più, piuttosto, poco, quanto, quasi, solo, tanto, troppo.
Quali sono gli avverbi di modo?
– Avverbi qualificativi o di modo: specificano la modalità con cui di un’azione, o aggiungono una sfumatura al significato del verbo, come ad esempio: bene, male, volentieri, lentamente, piano, forte, ecc. Ad esempio: Laura ha cantato bene; Vedo Davide volentieri.
Quando come avverbio?
– 1. avv.a. Ha la funzione di domandare, in frasi interrogative, in quale tempo o momento si determinerà, si è determinato o si determina, un fatto, una situazione o un’azione.
Come stai che avverbio è?
Essere o stare? Care lettrici e cari lettori di Intercultura blog, essere o stare ? Questo è il dilemma. Cosa hanno in comune e in cosa si differenziano questi due verbi simili ma diversi? Vediamolo insieme.
- Buona lettura!
- Prof. Anna
- Essere e stare sono verbi che usiamo spesso, hanno significati simili, ma con sfumature diverse e proprio per questa ragione è facile confondersi e per di più hanno lo stesso participio passato: stato,
Cosa significano esattamente? Quando bisogna usare l’uno e quando bisogna usare l’altro?
- Proviamo a rispondere a queste domande.
- ESSERE
- Il verbo essere si usa per:
⇒ esprimere l’esistenza, la qualità, la condizione di un oggetto o di una persona. Esprime inoltre lo stato d’animo, l’origine, la professione. Queste condizioni possono essere permanenti o temporanee. In questi casi il verbo essere è generalmente seguito da un aggettivo o da un sostantivo, non da un avverbio:
- il pane è caldo;
- Giulia è felice;
- mio fratello è avvocato;
- loro sono spagnoli;
- lei è mia sorella;
⇒ per esprimere uno stato in luogo, ovvero per localizzare qualcuno o qualcosa:
- dove sei?
- sono a scuola;
- Parigi è in Francia;
⇒ unito alla parcella ci (esserci) significa esistere; essere presente; avvenire, aver luogo; essere arrivato ; in senso figurato essere arrivati a un punto importate; aver capito :
- non c’è nessuno che sia così ingenuo (non esiste);
- alla festa c’era anche lui (era presente);
- oggi c’è l’esame (ha luogo);
- finalmente ci siamo! (siamo arrivati);
- ora ci sono (sono arrivato a una conclusione, ho capito, sono pronto, dipende dal cotesto);
- ci sei? (hai capito? oppure sei pronto? dipende dal contesto).
- STARE
- Il verbo stare si usa:
- ⇒ per esprimere una condizione fisica e psicologica temporanea, in sostituzione del verbo sentirsi e si usa con un avverbio:
- come stai?
- sto bene;
- stai magnificamente con quel vestito;
⇒ con il significato di restare, rimanere, esprime il perdurare di uno stato in luogo:
cosa fai stasera? Sto a casa (rimango a casa);
⇒ seguito da alcuni aggettivi, il verbo stare descrive il comportamento o lo stato d’animo di una persona o è usato in frasi che contengono un ordine o un’esortazione:
- non sta mai zitto;
- sta’ seduto!;
- state calmi!;
⇒ unito alla particella ci (starci) significa essere d’accordo; entrarc i (cioè avere lo spazio sufficiente):
- se decidete di andare al cinema, io ci sto! (io sono d’accordo);
- in quei pantaloni non ci sto più (non ci entro più).
- ATTENZIONE: essere è l’ausiliare sia di se stesso sia di stare ; stato è il participio passato sia di essere sia di stare ; quindi i tempi composti dei due verbi sono identici: io sono stato (passato prossimo di essere e di stare ); io ero stato (trapassato prossimo di essere e di stare ); io sarò stato (futuro anteriore di essere e di stare ).
- ESSERE o STARE?
- La scelta tra l’uno e l’altro verbo dipende dalla sfumatura di significato che vogliamo dare alla frase.
- ⇒ In alcuni casi è possibile usare entrambi i verbi, ma con sfumature diverse. Ad esempio:
- io sono tranquillo → in questo momento il mio stato d’animo è tranquillo;
- io sto tranquillo → il mio stato d’animo è tranquillo e, volontariamente, mi impegno a mantenere questo stato.
In questo caso il verbo stare indica una partecipazione attiva e volontaria nell’azione. ⇒ Quando il verbo stare si riferisce a degli oggetti e significa trovarsi in un dato luogo, tra i due verbi c’è una sfumatura: essere esprime la collocazione con riferimento al momento dell’enunciazione, mentre stare denota la collocazione abituale, ad esempio:
- le forbici sono nel primo cassetto (indico dove si trovano in questo momento, non necessariamente di solito);
- le forbici stanno nel primo cassetto (indico dove di solito si trovano).
⇒ Se ci si riferisce a persone, il verbo stare può avere il senso di soggiornare :
- sono contento di essere qui (sono contento di trovarmi qui in questo momento);
- sono contento di stare qui (sono contento di soggiornare qui, si sottolinea la permanenza nel luogo di cui si parla).
⇒ L’uso di stare al posto di essere è tipico di alcuni dialetti regionali, in particolare del meridione. Non è corretto negli usi ufficiali e formali dire: Parigi sta in Francia, alla festa ci stava anche lui o sto nervoso (mentre si dice sto calmo o sto in ansia ).
Come avverbio interrogativo?
Nella lingua italiana i principali avverbi interrogativi sono i seguenti: Come? Indica il modo. Dove?